sabato 16 febbraio 2013

dopo l'incontro a Marghera "Uniti contro la crisi"


Sabato 22 gennaio ero qui, a Marghera, eravamo qualche migliaio, veramente uniti contro la crisi, c'era qualcosa che mi premeva dire, e l'ho detto, ma l'emozione di parlare davanti a centinaia di persone ha limitato le mie parole a quello che mi usciva dal cuore in quel momento.
Provo ora ad iniziare un discorso sulla terra e i contadini che spero si sviluppi in più puntate.

Parlo come avrebbe parlato un indiano d'america dopo che un intero popolo, che era la maggioranza, diventato invece infinitamente minuscolo rispetto al resto della popolazione.
Siamo pochi, pochissimi, ma fino ad un secolo fa eravamo la quasi totalità. Nel mondo siamo ancora tanti, siamo ancora noi la maggioranza, ma fino ad ora (o per ora) contiamo poco o niente.
Abbiamo una grande responsabilità, dar da mangiare a tutti gli altri e preservare la terra in salute; spesso non siamo in grado né di dar da mangiare a noi stessi e tanto meno mantenerci in salute.
Chiediamo a voi (a noi), figli o nipoti di contadini, di ripensare il vostro rapporto con la terra; non ne avete più la proprietà (e forse questo è un bene) ma non avere terra non significa non poterla coltivare. Dobbiamo ripensare il significato di proprietà della terra, di bene comune, di cosa significa coltivare o meglio, preservare

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