sabato 16 febbraio 2013

Ho fame!

Non so perchè ricomincio a scrivere con tutte le cose che ho da fare ma forse alcune parole vanno impresse "su carta" per rimanere nella memoria.

Mi capita sempre  più spesso di sentire la frase"ho fame". A dirla sono giovani africani, spesso clandestini appena arrivati, ma più spesso ex operai delle fabbriche venete. E' paradossale vedere persone fisicamente prestanti chiedere l'elemosina, com'è possibile non riuscire a convogliare queste energie in qualcosa di produttivo? Cosa si può fare?
Ritornerei alla loro richiesta di cibo, che nasconde naturalmente altri bisogni primari non soddisfatti: un giaciglio decente, l'assistenza sanitaria, un trattamento "civile" da parte delle autorità e potrei andare avanti così fino alla fine della pagina.
Mi sono interrogato sulla prima richiesta e sulla possibilità, soddisfacendola, di affrontare a cascata anche tutte le altre.
Non credo che sia il caso di dar loro da mangiare come se fossimo un'agenzia delle Nazioni Unite, e comunque queste persone conoscono già una serie di luoghi che forniscono dei pasti caldi a chi ne ha bisogno, questa è giustamente una prima fase emergenziale, che va affrontata in questo modo (o in altri che non conosco).
Affronterei il problema da un'altra prospettiva, la possibilità che siano loro stessi a prodursi il cibo ed allo stesso tempo a produrlo anche per altri che non lo possono fare.
Da qualche tempo lavoro in un Centro Diurno di Salute Mentale, sto proponendo un percorso di Permacultura alle persone che frequentano questo posto; la strada che porta a Favaro (che un tempo era campagna anche se ora è diventata una sorta di periferia diffusa di Mestre) lambisce l'Aereoporto di Venezia ed una serie infinita di campi incolti, dove ormai stanno crescendo rovi, boscaglia e dove probabilmente prosperano anche nutrie e pantegane.
Chissà, sarà mai possibile pensare ad un piano di micro-fattorie urbane che producono cibo sano per quelli che ci abitano (magari in fattorie costruite velocemente con materiali eco-compatibili) e per il vicinato?

Ma Venezia è un "Comune Monocultural-Turistico o può anche diventare un po' Poli-Cultural-Agricolo"?
E' possibile tollerare fame e campi incolti?

dopo l'incontro a Marghera "Uniti contro la crisi"


Sabato 22 gennaio ero qui, a Marghera, eravamo qualche migliaio, veramente uniti contro la crisi, c'era qualcosa che mi premeva dire, e l'ho detto, ma l'emozione di parlare davanti a centinaia di persone ha limitato le mie parole a quello che mi usciva dal cuore in quel momento.
Provo ora ad iniziare un discorso sulla terra e i contadini che spero si sviluppi in più puntate.

Parlo come avrebbe parlato un indiano d'america dopo che un intero popolo, che era la maggioranza, diventato invece infinitamente minuscolo rispetto al resto della popolazione.
Siamo pochi, pochissimi, ma fino ad un secolo fa eravamo la quasi totalità. Nel mondo siamo ancora tanti, siamo ancora noi la maggioranza, ma fino ad ora (o per ora) contiamo poco o niente.
Abbiamo una grande responsabilità, dar da mangiare a tutti gli altri e preservare la terra in salute; spesso non siamo in grado né di dar da mangiare a noi stessi e tanto meno mantenerci in salute.
Chiediamo a voi (a noi), figli o nipoti di contadini, di ripensare il vostro rapporto con la terra; non ne avete più la proprietà (e forse questo è un bene) ma non avere terra non significa non poterla coltivare. Dobbiamo ripensare il significato di proprietà della terra, di bene comune, di cosa significa coltivare o meglio, preservare

venerdì 11 gennaio 2013

l'agricultore

Appuntandomi su quaderni e foglietti tutto quello che mi passa per la mente mi sono imbattuto in wendel berry e nel suo manifesto del contadino impazzito

mercoledì 23 novembre 2011

permaculturalmente pensando al piano B

Mi chiedo se qualcuno dei vari Monti o Mari stiano pensando ad un piano B, o meglio, il piano B (dato che non esiste nessun altro piano alternativo).
Alcuni analisti prevedono un crollo dell'Euro nelle prossime settimane (e credo che ci possano anche azzeccare).
Quali scenari si prospettano dunque? Chi ci guadagnerà e chi ci rimetterà?
Sicuramente, con l'inverno appena iniziato avremo bisogno di comprare "energia" da qualcuno. Chi ce l'ha? Possiamo pagarvi in BTP? o in titoli Parmalat? In questa situazione non ci rimane che pagare con quello che abbiamo, e questo lo sanno gli arabi, i russi, gli svizzeri e tutti quelli che hanno in mano le multinazionali dell'energia, quello che abbiamo è territorio, beni artistici, e....gente, sì, gente da far lavorare in cambio di quattro "lire". In questa fase di emergenza, come in tutte le situazioni del genere si da una bella stretta alla democrazia, tutti sono d'accordo per un governo di alleanza nazionale (tutti i politici, non i cittadini ben inteso), e in barba al popolo si faranno passare sempre più leggi che vanno verso un governo "multinazionale" nel vero senso del termine.

Quale piano B? In una situazione di massima emergenza bisogna pensare innanzitutto a:
1) energia disponibile per ospedali e mezzi essenziali
2) riserve alimentari non stoccate con il ciclo del freddo
3) programmazione della produzione della quantità minima di cibo necessaria per la popolazione
4) riserve di sementi sufficienti almeno alla semina primaverile (sarebbe sensato avere una grossa quantità di sementi "rustiche" dato che non ci sarà probabilmente la possibilità di irrigare con pompe azionate elettricamente ed è quindi necessario avere delle varietà resistenti ai climi secchi)
5) riorganizzazione del lavoro (in questo caso tutti sono utili e necessari), finalmente i giovani potranno lavorare tutti dato che le braccia toniche saranno molto richieste sul mercato
6) ridefinizione di quelle che sono le priorità produttive: primario (agricoltura in primis), trasformazione degli alimenti, piccolo artigianato (soprattutto per "aggiustare" la quantità di cose che già abbiamo), servizi alla persona come scuole (rivedrei anche quelle), ospedali (ma è meglio prevenire che curare), polizia(ma potremmo anche farne a meno).




giovedì 9 dicembre 2010

il decalogo


Si parlava oggi con Enrico, di creative commons ma soprattutto di quelle che potrebbero essere le linee guida, gli elementi essenziali di questa:
casa-fattoria-galleggiante-standard-personalizzabile-modulare-multimateriale-autonoma-interconnessa-autarchica-implementabile-smontabile-riciclata-riciclabile-ergonomica-mobile-itinerante-ecologica-anfibia-vegetale-semplice-manuale

come standard base direi che, o deve stare dentro un container o deve avere delle misure che sono uguali o parte di un container; questo è dovuto essenzialmente alla massima mobilità del modulo e dei suoi abitanti. Deve essere possibile montarla e smontarla massimo in due persone, i pezzi di ricambio si devono poter trovare ovunque o comunque facili da costruire o sostituire con altri compatibili. Non c'è regola nei materiali utilizzati, come in permacultura, si progetta in base a quello che l'ambiente circostante offre con più abbondanza.

lunedì 22 novembre 2010

per salvare capra e cavoli


alla fine, o meglio, all'inizio di questa nuova avventura che è la disoccupazione, ho deciso di unire due blog che ho creato in due fasi della mia vita:
la prima, quando pensavo che fosse ora di pensare ad un'unità abitabile mobile galleggiante (vedi: vivigalleggiando). La seconda, fase recente, quando avevo voglia di fare l'ortolano di laguna.
Mi sono ultimamente reso conto che è possibile, anzi, è forse necessario, fare l'ortolano di laguna su una casa galleggiante, che in realtà non è solo una casa ma una vera e propria fattoria.
Non ci sono molti esempi simili al mondo, ho scovato "the science barge", uno zatterone con una serra sopra che scorrazza sull'Hudson River facendo educazione ambientale ai bambini, promuovendo buone pratiche e altro, non è però quello che ho in mente.
Sto invece pensando ad un modulo adatto prima di tutto a quello che dovrei fare qui in laguna, coltivare spazi verdi, da solo o con altri, in isole anche abbastanza distanti fra loro. Mi servirebbe quindi una specie di casa-fattoria, che sia del tutto autonoma energeticamente, che arrivi molto vicino al luogo di destinazione, ma non necessariamente "sul luogo", che abbia un modulo più snello che si possa staccare con facilità dalla casa madre, e altro ancora che andrò a definire meglio nei prossimi post.

Mi vorrei muovere contemporaneamente su due piani: quello intimo e quello su più larga scala.
L'intimo l'ho già descritto prima, progettare la mia casa, adatta ad un ambiente particolare come è quello lagunare.
Il piano più generale ha invece a che vedere con la Pianura Padana e più i generale con tutte le pianure che sono bagnate da fiumi.
Mai come in questo periodo in Italia si parla di dissesto idrogeologico, siamo continuamente in emergenza e subiamo alluvioni che non riusciamo nè a prevedere nè a gestire. Come fare?
Guardandoci in giro non c'è molto da fare, ci resta solo una cosa, agire drasticamente. Pensare ad una nuova riforma agraria-urbanistica che metta esseri umani e territorio non in contrasto ma in simbiosi. Ripensare il territorio dall'acqua, e quindi, nel caso della Pianura Padana, dai fiumi, dai canali, dai laghi e laghetti.
Naturalmente si tratterebbe di abbattere la maggior parte delle case, delle fabbriche, delle strade costruite negli ultimi decenni, fare tabula rasa, per capire dove effettivamente quest'acqua ha voglia di andare, assecondarla, immagazzinarla, rilasciarla piano piano d'estate, convogliarla nei periodi di grandi pioggie in zone alluvionali dove invece di nuocere stimola il suolo ammorbidendolo, limitandone la crescita delle cosiddette "erbacce", ecc.
Rimodellare il territorio, scavando migliaia di laghetti e di canali che creano una fittissima rete d'acqua e di comunicazione.
Se voglio cambiare luogo dove vivere non devo cambiare casa, mollo l'attracco e "con lentezza" mi sposto altrove. Ho un vicino che non sopporto più? Se posso lo prego di spostarsi, altrimenti cambio posto io.
La mia casa galleggiante ha delle misure standard per essere compatibile con la tua, il mio sistema ed il tuo sistema possono diventare un unico sistema......................................continua


domenica 26 settembre 2010

ci vedo, dunque scrivo, vino, bevo, vendemmio

dopo un buon mesetto di vista annebbiata da una sacca di siero dietro la retina (se ne è andata per fortuna da sola) riprendo la scrittura su questo blog che ho veramente trattato male negli ultimi tempi. Ho dato sicuramente più spazio alla vanga (anche se in verità nel nostro orto della Giudecca non la uso da tempo) e comunque ho approfondito di più le attività pratiche.
Oggi è stato giorno di vendemmia con i compagni di spiazziverdi e con gli amici-colleghi dell'associazione "Laguna nel Bicchiere le Vigne Ritrovate". Abbiamo vendemmiato il rosso-mix alle Zitelle, abbiamo caricato tutto in barca e siamo andati in cimitero! Sembra strano ma è così, anche in cimitero, all'isola di S. Michele e più precisamente nel convento dove fino a qualche anno fa c'erano i francescani c'è un orto con vigna e soprattutto una cantina degna del suo nome.
Abbiamo pigiato a mano (con i piedi), mangiando e bevendo tutti insieme, una vera festa insomma. Se il vino è come quello dell'anno scorso sarà sicuramente un buon bere, uve trattate biologicamente, no solfiti, un vino ruspante che sa proprio di sale, di sole, di storia millenaria.
Alla prossima